domenica 22 gennaio 2012

Hai detto E' tutto quel che hai di me

"Fabrizio De André si circondó di collaborazioni, quindi ció che é ascrivibile a lui non é la gran parte del suo lavoro"


Francesco De Gregori, Start Radiouno, 10/12/2011


Per quanto verissima (e documentata), la carognata era l'ultima cosa che rimaneva da dire al Principe.

sabato 7 gennaio 2012

"Sono di sinistra, ma amo Clint Eastwood."

Lo disse Jovanotti.
Tutto qui. Non mi va di parlare del Nulla. Le sue canzoni bastano da sole. Vengono fuori già con le parole.

Solo un piccolo preambolo.

L'idiozia dell'aforisma succitato non risiede tanto nella sua (s)folgorante vuotezza, sintomatica di una mente indicibilmente acritica quale è il cherubino-vate della Patria; bensì nell'erroneità della tesi (?) di fondo, già massacrata ben bene altrove, per la quale Eastwood sarebbe indubbiamente un greve destrorso reazionario iperviolento e omofobo. Già, omofobo.
E se vi dicessi, dannate merdose teste di cazzo (è Eastwood a parlare, io non sono così volgare né violento) (lascia parlare me, Clint, torna a sparare ai cinghiali) che il Genio si è inventato 'sta scusa di Hoover per parlare di amore omosessuale con una delicatezza e un'intelligenza sovrumane?

Vero, ci furono già I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee  a sdoganare l'argomento in modo carnale, e l'inutile favoletta di Tom Hanks e Antonio Banderas sullo sfondo di Philadelphia, e una buona dozzina di altre pellicole più o meno prescindibili. Ma nessuno, finora, aveva osato tanto.

Partiamo dalle ovvietà: J.Hoover non è un capolavoro, ma è un gran film. Impossibile dubitarne. Magari tarda un pochino a partire, ma poi in un attimo son passati 140 minuti (vogliamo ricominciare a fare film di due ore, per piacere? Grazie). Due i difetti, e personalmente non ne ho trovati altri: il doppiaggio criminale dell'Hoover voce narrante (della monotonia del peggior Brondi, al punto da far coincidere in modo ridicolo quella dell'Hoover 77enne e 24enne) e il lavoro opinabile dei truccatori: passi Di Caprio (fenomeno) ma Naomi Watts è più appetibile da settantenne che da giovine pulzella, e Clyde Tolson, lo storico amante e braccio destro di Hoover (a differenza del quale invecchia enormemente e male) pare effettivamente il padre dei Soliti Idioti (Copyright Malcom Pagani, uno col gusto dell'Orrido).

E' vero, ci sarebbe un terzo difetto: filologicamente è  un film incompiuto. Magari per non sforare troppo col minutaggio, si dirà, o per superficialità (termine inassociabile a Eastwood, mettetevelo in testa); io tenderei a vedervi una somma lucidità, in tale incompiutezza. Perché, e lo ripeto a costo di coprirmi di vergogna, l'importante qui non era l'F.B.I., o il perpetramento del Male a garanzia del Bene, o il maccartismo, l'anti-comunismo, la cultura americana iper-reazionaria bigotta omofoba razzista e violenta: questi null'altro sono se non i puntini di un magistrale quadro divisionista che, gustato alla giusta distanza, dà l'ultima e definitiva parola sull'unica cosa che secondo Eastwood ci può salvare: l'Amore.

Retorica, si continuerà a dire, la retorica buonista di un ispettore Callaghan pentito, retorica e ancora retorica.

E allora mi rifaccio a quanto di Hereafter osò scrivere Andrea Scanzi:  

"E se questo cinema è retorico, o segno di un regista senza più idee, allora datemi ogni giorno questa retorica e queste non-idee."

Scusate se mi accodo.

giovedì 5 gennaio 2012

Quella volta a Sneberje

Tutto cominciò con il guru Mauro Moretti, alla cui bronzea lucidità si devono gli spaventosi utili dichiarati (veri? presunti? Editi da Bompiani?) da Trenitalia, 360 milioni o giù di lì a fronte del misero sacrificio di un migliaio e più di dipendenti e una mezza dozzina di notturni storici e fondamentali.
Manovre alla Fantozzi. Manovre alla Monti. Evidentemente pagano.
Fatto sta che, impossibilitato a rientrare in Patria a causa dell'eccessivo intasamento dell'unico pullman volto alla Mitteleuropa, fui costretto ad arabeschi alambiccanti di una certa qual rilevanza di cui evito di darvi conto. Anche perché intuisco non fregarvene di meno. Come darvi torto.

Il punto prescelto per il cambio - mezzi fu stabilito a Sneberje, impronunciabile cittadella slovena a 8 km da Ljubljana. Punto di ritrovo, l'unico anfratto modernista di un paesello popolato da novantenni recanti in spalla i fasci di non chiedetemi cosa: un rivenditore Yamaha.
Introvabile, vi dico.
Nessuna parvenza di civiltà, segnaletica assente, autoctoni incapaci a comunicare se non a gesti o sintagmi imperscrutabili.
Se vi aspettavate la battuta leghista, cascate male. L'ho solo pensata.
E comunque mancavano i tetti di eternit.

Al termine di un andirivieni pazzesco nel traffico (?) di Sneberje, ritrovo i compagni (si fa per dire) M. e G.
Carichi di leccornìe magiare, voliamo alla volta della Capitale slovena, il cui Parlamento presenta lo sfarzo di un municipio della bassa friulana. La mestizia del Policlinico indurrebbe a rinvenir nella morte un sollievo, e comunque ci mette addosso un certo qual appetito.
Dapprima intenti a sfogare le voglie in un localino di quelli giusti, siamo costretti a ripiegare, in seguito all'inatteso infortunio del cuoco, in un luogo di ristoro che entrerà di diritto nella Leggenda.

Dentro pare un bordello, vagamente sembra di stare in Eyes Wide Shut, con la differenza che non c'è la moglie di Katie Holmes a fingere di saper recitare. Il tavolo è insudiciato in maniera inverosimile, non meno del menù. Scevri di qualsivoglia entusiasmo, ordiniamo il piatto più economico: gnocchi ai quattro formaggi.
Ingombri d'odio mefitico, e passando sopra l'indecorosa aridità della portata, ci avviamo a pagare.

Ed è lì, che giunge l'Epifania.

Ciupiteria "HIJO DE PUTA".

Se cascate da quelle parti, ve la consiglio.
Così, giusto per alleviarvi col pensiero che, tutto sommato, esiste sempre qualcosa di peggio.