Scrivo ancora una cosa su Grillo, poi basta.
Ieri sera è venuto a Trieste. Una marea di gente. Una marea. Specie se si considera la vitalità dei triestini, la leggendarietà della cui pigrizia è stata definitivamente infranta dalla spettacolare manifestazione in Porto Vecchio contro il rigassificatore. Tondo se n'è andato dopo dieci minuti, Clini neanche è entrato. Uno spettacolo.
Dicevo. Erano tutti in coda: una svendita di Iphone5? No, per Dio. Erano, eravamo, lì, a firmare per avere alle prossime elezioni un'alternativa. Non si sa fino a che punto salvifica e futuribile, ma è almeno un'alternativa. In fondo, peggio di così non si può andare - no? Davvero? Mah.
Aver osservato Grillo dal vivo per la prima volta - e sticazzi - mi ha spinto a diverse considerazioni, che quivi inoltro ad elencare: alcune positive (P) e altre su cui riflettere pensosamente (R).
1P) Se mai ve ne fosse bisogno, confermo: Grillo è un comunicatore eccezionale. E i brividi, ogni tanto, son venuti. Per smuovere le mummie che siamo occorre un po' di adrenalina, di flebo che introduca in un sangue marcio la sensazione concreta di essere, per una volta, parte di qualcosa.
E' probabile che il primo Berlusconi seppe compiere la stessa impresa: ma se stavolta, anziché ad evadere le tasse, la gente sarà spinta a consumare meno e usare le rinnovabili, tutto sommato potrei ritenermi contento.
1R) Grillo è forse troppo bravo. La sua bravura coincide col suo essere ancora una bestia da palco, il che alimenta il Fattore - Messia: la gente vuol salutarlo, stringergli la mano, farsi la foto con lui. Vuole - l'udii più volte- toccarlo. Toccarlo. Ecco, sarebbe d'uopo non avere certe fregole in testa. Grillo sta facendo grandi cose, ma guai a divinizzarlo. Ci si tolga subito 'sta smania per il simulacro, e l'adorazione spicciola lasciamola nelle parrocchie.
2P) Grillo, almeno nella prima ora, non ha detto nemmeno una parolaccia, per citare il povero - a sua insaputa - Follini. Nemmeno una. Tranne l'ormai usuale "cazzo cazzo - culo culo" per le telecamere. Poi, nell'ultima parte, si è un po' scaldato e qualcuna gli è scappata. Dal conteggio si evince una percentuale di volgarità profuse infinitamente inferiore a quelle registrate nei primi otto minuti di un qualsiasi film di Christian De Sica. Bravo: se la porta a zero, Gianni The Pen Riotta si rassegnerà a defolloware pure se stesso.
2R) Troppa retorica sugli italiani: "SIAMO I MIGLIORI DEL MONDO!!!": va bene ritrovare la fiducia identitaria nazionale, Grillo, ma, come si dice: anche no. Non lo eravamo trent'anni fa, e di certo non lo siamo oggi.
Poi, d'accordo, se giochiamo sul piano dei doni all'Umanità, un Paese ritenuto all'avanguardia assoluta, come la Svezia, (che ha donato sì e no l'Ikea e Filippa Lagerback, e di entrambi avremmo fatto volentieri a meno), ce lo mangiamo a colazione. Ma il credito sarebbe anche esaurito: per ora usiamo l'imperfetto, ché un po' di pudore non guasta.
3P) Il Movimento pare voler dare importanza agli studi, alle lauree, ai master. Visti i parlamentari che ci troviamo, forse è una buona cosa.
3R) Grillo dà troppa importanza agli studi, alle lauree, ai master. "I NOSTRI CANDIDATI HANNO TUTTI ALMENO UNA LAUREA SE NON ANCHE UN MASTER!"
Maurizio Landini non ha neppure il diploma e caga novanta volte in testa al 95 per cento dei laureati con triplo master di questo paese.
Grillo si metta in testa una cosa (che sa benissimo, visto che ha ben evitato l'Università): il più delle volte la cultura, l'intelligenza e l'inventiva stanno fuori dalle accademie, e chi ha un master è solo uno che ha un titolo in più in bacheca: non è un cittadino di serie A+++
Non vorremmo, insomma, che da una prassi dispregiativa verso lo studio e gli acculturati dei banchi di tutta Italia, si oscilli verso l'altro capo del pendolo, fino a considerare meritevoli solo e soltanto i detentori del pezzo di carta.
Ah, un ultimo appunto, Grillo: una laurea triennale e una laurea specialistica, a casa mia (che modestamente è quella della coerenza), fanno UNA laurea.
4P) Grillo dimostra di avere a cuore la presenza delle donne all'interno delle istituzioni. Ha votato, dice, anche una donna che insegna e ha tre figli a carico. Questi sono i vostri sostenitori, donne, non la Gruber ("c'è del maschilismo, molto maschilismo, in Grillo). Aprite gli occhi o vi fotteranno sempre.
4R) Grillo, quando parla delle donne, esonda. "SE LE ELEZIONI SONO LIBERE, LA GENTE VOTA LE DONNE!" E fin qui ci siamo. Non è pensabile che, in un sistema davvero democratico, ci sia una maggioranza così schiacciante di uomini (chiamali uomini). E non è un caso che in Parlamento si debbano immaginare le Biancofiore, le Bernini, o le Santanché, come uniche rappresentanti del sesso forte.
Ma dire "che bello, avremo molte più donne che uomini" non è sintomo di grande lungimiranza; bensì di sessismo, solo vagamente inedito e ritrito in una veste più edulcorata, appetibile per la platea femminile.
Secondo quale principio una donna è meglio di un uomo, in Parlamento? Se un uomo è in gamba ci deve poter andare, se una donna è in gamba ci deve poter andare: punto.
Il resto sono balle - mi si permetta - demagogiche. Ginegogiche. Grillo è un ginegogo.
Anche perché, a ben vedere, è tutto da dimostrare che le donne abbiano una maggior capacità di fare certi passi indietro. A ben vedere direi di no, ma può darsi che mi sbagli io. Lo spero, almeno. Ma fa strano sentire Grillo dirsi "commosso" per la presenza di una componente femminile largamente maggioritaria. Specie se poi si aggiunge: "di donne ma non le sciacquette che vediamo: DI DONNE COI COGLIONI!". Ecco, capiamoci.
Detto questo, e con molte riserve, incrociamo le dita. Ora o mai più.
lunedì 17 dicembre 2012
giovedì 13 dicembre 2012
Democrazia
“Chi pensa che io non sia democratico prende, e va fuori
dalle palle.”
Fantastico. Assolutamente fantastico. La mossa più geniale
di Grillo da prima della traversata sicula.
Sì perché negli ultimi due giorni è tutto un “aah, che
autogol”, “uuuh, dittatore!” – giusto, ma bisognerebbe chiedersi fino a che
punto il masochismo popolare possa indurre a perseverare nell’accettazione di
un concetto, come quello di Democrazia, saccheggiato e totalmente svuotato da
coloro i quali da decenni si propongono come garanti della stessa. Un genio del
Novecento scrisse che la differenza tra democrazia e dittatura è che in
democrazia prima si vota, e poi si prendono gli ordini; in dittatura non
occorre neanche sprecare tempo andando a votare. Personalmente sono sempre
stato dello stesso avviso.
Non c'è stato nessun errore. Anzi.
Non c'è stato nessun errore. Anzi.
Il video è fenomenale, pensato apposta per essere inserito
addirittura in un servizio di qualsiasi tg nazionale (invano, tanto ognuno
lascia solo ciò che fa più comodo, come nel caso della Gruber).
Si noti il climax ascendente: prima l’autoelogio, dal voto
libero alle tante donne; poi l’ammissione del flop con annesso attacco alla
finta democraticità dell’elezione dei parlamentari; poi, la cesura, con la frase
storica; infine, la dichiarazione di guerra. Chapeau. Tu chiamalo, se vuoi,
Lenin 2.0.
Perché dico Chapeau.
A due mesi dalle elezioni più fuffa della Storia della
democrazia rappresentativa globale, il Movimento 5 stelle era a un bivio. Il
consenso leggermente in calo; i dissidenti illustri che fioccavano come funghi
a redigere puntuale martirologio di se stessi (finiamola, su: erano a fine
mandato e, per le regole che coscientemente avevano accettato quando pensavano
che il Movimento non potesse sfondare il 5% nazionale, sapevano di non poter
incollarsi a una nuova poltroncina, stavolta più mediaticamente ed
economicamente appagante, in Parlamento: fine della storia);il ritorno di
Berlusconi e la permanenza alla leadership del Pd di Bersani a costituire la
più ghiotta delle occasioni: occorreva radicalizzare lo scontro: rischiare il
declino, se non addirittura l’implosione – un rischio che valeva la pena di
essere corso, poiché con la moderazione in Italia non si vince mai – oppure sfondare
il muro del 22, 24 per cento, accaparrandosi ulteriori voti da parte di quei tanti
italiani che altro non aspettano se non di essere sedotti da un nuovo maschio
alfa sedicente abile a cacciarli fuori dalla merda.
I sondaggi SWG – i più attendibili – dimostrano la già
avvenuta risalita nei consensi: c’è da vedere se nei prossimi giorni sfocierà nel volo, o si permuterà in una stasi che non prometterebbe nulla di
entusiasmante in vista dei seggi.
Nel primo caso, Grillo e Casaleggio potranno assaltare la
Bastiglia.
Non saranno bei giorni, ma saranno giorni nuovi, forse terribili, violenti e incendiari, dalle cui ceneri potrà rinascere, forse, qualcosa.
Non saranno bei giorni, ma saranno giorni nuovi, forse terribili, violenti e incendiari, dalle cui ceneri potrà rinascere, forse, qualcosa.
Nel secondo caso, ci ritroveremo ad annaspare ancora per
cinquant’anni con le solite vecchie facce da culo. Ma democratiche.
domenica 9 dicembre 2012
Mah.
Ricapitoliamo. Questo cazzo di spread scende a 290. Io ero
rimasto lì, non so voi. Lo spread è a 290. La Repubblica, in un numero storico
da collezione, presentava il titolone corredato degli schizzi scannerizzati di
Scalfari in effetto seppia.
Ormai doveva per forza andare tutto bene, c’eravamo
acchetati. Ancora un anno di tagli, di sanità devastata, di Scuola destituita,
e sarebbe tornato tutto più o meno normale, nella placida deriva di una
rassegnazione europeista graveolenta come gli schizzi di un novantenne
ambizioso su una democrazia ancora in attesa di uno sfogo perlomeno
adolescenziale.
C’eravamo quasi abituati, a Monti. Il nonno Monti. Quello
che vai a trovare la domenica, dopo la messa, e, ogni tanto, ti cucina qualche
piatto buono per farti credere che ti vuol bene mentre lo schifi esattamente
come la fica amazzonica della moglie.
Temo che i problemi derivino tutti da qui. Siamo gente
infelice, che tromba poco e male, adusa a rifarsi delle proprie frustrazioni su
individui e contesti che nulla vi hanno a che fare.
Monti, imbevuto com’è di quella meritocrazia misurabile col
righello, in modo semplice, primitivo, lineare come lo smantellamento dello
stato sociale perpetrato con i fili che si ingarbugliavano troppo di rado, somigliava, somiglia, troppo, alla
trasposizione di sé che l’italiano medio cova segretamente nell’irrisolvibilità
metempsicotica delle doglie genitoriali. Quell’italiano che guarda intriso di
spaventata ammirazione il neo-laureato figlio della retorica oscena dell’ultimo
spot Enel.
Berlusconi, invece, continua a somigliare all’ologramma che
l’italiano medio tende a prefigurarsi nei suoi sogni a suo dire migliori.
L’Italiano che vuole scopare, comandare e sentirsi ggiovane anche a novantadue
anni, continuerà a votarlo in eterno, reiterandosi in tanti nuovi ggiovani
vecchi pronti a porgere terga prematuramente avizzite per esautorare definitivamente
la Storia e le sue innumerevoli lezioni mai colte.
C’è un canale nella mia città, che è una gran brutta città.
Ci sarebbe anche il mare, ma se ne sta nascosto dietro il comignolo di una
centrale a carbone che ogni tanto sputacchia porcherie in giro. Percorrendo il
canale, tra anziani bavosi che commentano un culo insolitamente riuscito per
quei lidi, sobbalzante in cerca di fisicità impeccabile, si arriva al cantiere
navale. Alle cinque, un esercito di operai bengalesi in bicicletta si ritirano
nel biasimo generale dopo una giornata china a ingollare frammenti e profluvi
di lana di vetro.
E’ un lavoro di merda, mi raccontava Daniel, ma è un lavoro.
Lo è all’Ikea, Daniel, lo so, figuriamoci in cantiere.
Mario l’ha perso. A cinquant’anni, una moglie e due figli
piccoli, Mario ha perso il lavoro. E’ una brava persona, nella media delle
persone mediamente buone. Lavora(va), si fa la sua vita, non rompe i coglioni a
nessuno. Due giorni fa, forse tre, è venuto a trovarci a casa. Stavo traducendo
Cornelio Nepote (che palle, Nepote). Mario ha iniziato a parlare, non ha più
smesso per un’ora.
Il voto a Bersani. Grillo come Hitler. I grillini che
minacciano di morte la Salsi, che si sarà pure esposta perché non poteva
partecipare alle parlamentarie e si era affezionata alla poltrona, ma non si
fa. I grillini sono violenti. Con Bersani non cambia nulla, ma sanno che hanno
un’ultima possibilità, poi la gente va giù di forconi. Grillo non ha un
programma.
Ha detto una frase, davvero sensata. Una sola.
“State attenti, voi giovani, ché appena ce ne andiamo noi e
con noi le pensioni, vi cacciano in mezzo a una strada. Dovete darvi una
svegliata. Incazzatevi. Quando saremo morti noi, ce l’avrete durissima. Fate
qualcosa.”
Facciamo qualcosa.
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