Solgo ritenermi agnostico per tre motivi:
1) sono pigro
2) non si sa mai
3) esserlo dà diritto a smadonnare spesso e per qualsiasi inezia, scevri di qualsivoglia senso di colpa
(le argomentazioni a supporto della tesi al punto 3) dovete trovarle voi. Personalmente l'ho desunta dal Maestro)
Germano Mosconi era, probabilmente, io non lo so perché ai tempi della cavalcata dell'Hellas manco c'ero, un ottimo professionista. Classe, dizione giusta, aplomb impeccabile. Me lo immagino a fare radiocronache con voce sobria, scandendo bene ogni singolo lessema, elegantissimo e sideralmente distante dai Compagnoni, i Caressa, i Pellegatti, e tutti quei volgari baciapile dal talento consono a raccontare il calcio di oggi.
Poi i video. Le bestemmie remixate. Le querele ai divulgatori. La popolarità.
Mosconi non avrebbe mai voluto essere ricordato, credo: figurarsi così, e ciò mi pare fuor di dubbio ("fuor di dubbio": mah).
Quindi i record di accessi, le citazioni, le parabole mitologiche nate in seguito ne avevano decretato la portata messianica. Era diventato, suo massimo sconcerto e malgrado, un guru della sotto-cultura giovanile. Esagerato? Può darsi.
Edmondo Berselli è stato l'unico, fra i critici e gli intellettuali (veri o presunti), ad analizzare fenomenologicamente la produzione musicale degli 883. Dedicandovi l'intero capitolo finale di un suo libro (straordinario, come tutto ciò che Berselli scriveva), "Canzoni - Storie di un'Italia leggera". Va da sé che è un libro da leggere assolutamente, quindi non vi anticipo nulla se non lo stretto necessario.
Il capitolo era "Il 'fast-tought' di Max Pezzali". C'è pure Michele Serra quand'era ancora Michele Serra.
Il fatto è che laddove l'intera critica musicale si era affrettata a bollare gli 883 quale mera operazione di marketing, volgare e inutile, Berselli, forte di un'ineguagliabile libertà intellettuale, ne aveva enunciato la portata, se così vogliamo chiamarla, filosofica. Gli 883 erano il canale che dava senso, forma e decibel alla filosofia di quella nuova classe sociale che era, ed è, non proletaria ma neppure borghese. Quella, per capirci, immensa e derelitta che il Governo Monti sta contribuendo a distaccare paurosamente da una cerchia vieppiù ristretta di privilegiati. Parlando di "Se tornerai", Berselli acutamente scrive: "Accidenti, ma questa non è noia, non è insofferenza, non è cretineria giovanile: sembra addirittura dolore". Concludendo che "il bozzettismo post di Pezzali non è più solo l'espressività di un marginale, ma è l'unica creatività praticabile all'interno della nuova classe - la non più borghese-né proletaria -, composto sociale diverso ma sovrapponibile alla sua matrice di mezzo secolo fa".
Ecco (Genio totale, Berselli, scusatemi). Gli 883 sono durati quel che son durati. Pezzali (secondo Berselli "il miglior costruttore di parole oggi vivente", e già condivido molto meno) è ridotto male, fisicamente e artisticamente trapassato, mutato come mutata è quella fetta di popolazione sommersa. E, certamente, anche la massa giovanile è cambiata, sempre più incredibilmente sola, vuota e incompresa.
Solitudine, vuotezza e incomprensione che devono trovare uno sfogo, uno sbocco plausibile e palesemente estraneo alla metafora artistica: i Soliti idioti, per stare ai fatti recenti, e il "marketing del porcone" assolutamente sdo-ga-na-to in eterno dai divulgatori dei dietro le quinte mosconiani.
I giovani, fortunatamente, non vanno in chiesa (anche se continuo a chiedermi se non fosse meno orrendo il timore di dio, rispetto alla soggezione al Mercato). Non si pongono, credo, neppure il quesito inutile sull'esistenza di dio. Anticlericali per ovvietà, e non poiché hanno letto Caino di Saramago. Eppure è evidentemente palese il bisogno di additare a qualcosa, qualcuno, il loro malessere. Qualcosa di astratto, ma di innata stronzaggine. Visto che pure la fantasia se n'è andata, chiamiamolo dio. E porconiamolo di continuo, come continuo è il nostro dolore.
Una sinossi dozzinale, ma, per concludere, credo converrete con me che un professionista del genere, passato agli annali e letteralmente idolatrato per i suoi smadonnamenti, sia entrato a far parte della cultura italiana (in quanto sommo esempio di bestemmiatore presso la sotto-massa giovanile) non a caso.
Parafrasando Berselli, si può tranquillamente dire che Mosconi ha dato voce a una generazione, e che l'"ateismo mosconiano" (di cui I soliti idioti sono affluenti) sia l'unico slancio creativo praticabile all'interno e nei confronti del vasto e incommensurabile pubblico dei giovani e giovanissimi.
Orfani di tutto, fuorché, forse, di un dio in carne ed ossa che non risorgerà.
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