giovedì 10 maggio 2012

Sarà una bella società


Selvaggia Lucarelli, bella e genialoide twitter-guru con un seguito di 78.000 followers, alcuni giorni fa si è così espressa sul proprio account Twitter: “Dietro l'addio di certi Vip su twitter (Fiorello &co), c'è un fatto banale: Twitter li ha pagati per lanciare Twitter e poi non ha rinnovato il contratto.”. Ingenuamente schifata la replica di un segugio della Lucarelli: “se fosse vera questa notizia sarebbero SQUALLIDI!”. Ma la blogger redarguisce alla vecchia maniera: “perché squallidi?Twitter è un’azienda, mica un ente benefico, e se vuole testimonial li paga.”. Oh, là. Finalmente qualcuno, fra gli dei del Monte Twitter, si è caricato sulle spalle il fardello, assai gravoso, di riassestare illusioni patetiche: ovvero che dietro l’attiva partecipazione di taluni V.I.P. sui due maggiori (un)social network della Rete potesse celarsi il desiderio di sviluppare un rapporto diretto, persino intimo, con i rispettivi fans. A smuovere tali V.I.P. grandi come coriandoli sarebbe stata invece la solita, infinita dose del più abietto e immotivato narcisismo, ma soprattutto una quantità, al momento incalcolabile, di denaro sonante. Rivelazione sconcertante e inattesa, ne converrete tutti.
La Lucarelli, da persona intelligente qual è, ha utilizzato una parola precisa, fondamentale per comprendere le dinamiche regolatrici delle piattaforme sociali (invero molto piatte e poco sociali, come certe insopportabili babbione): “azienda”. Se vi siete mai chiesti per quale motivo Facebook e Twitter siano gratuiti e sempre lo saranno, o da dove provengano i miliardi atti a rendere Mark Zuckerberg il trentacinquesimo uomo più ricco della Terra secondo Forbes, siete entità raziocinanti e vi sarete di certo dati, marzullianamente, una risposta. Che è tanto semplice quanto grottesca: tutti coloro che decidono di servirsi regolarmente di Twitter e Facebook, non importa se smodatamente o con un minimo di buon senso, sono null’altro che lavoratori dipendenti, inconsapevoli e non retribuiti dei dominatori del Mondo; dei grandi marchi, degli stilisti indebitati fino al midollo, delle banche d’affari che fanno crollare paesi come la Grecia, insomma, dei signori del mercato globale, post-capitalista e nichilista. Il meccanismo è banalissimo. Esempio: Mick Jagger posta sul profilo Twitter una foto in cui indossa la nuova maglietta di una certa azienda d’abbigliamento: il giorno dopo, quella stessa azienda, proprio di quella maglietta venderà cinque milioni di esemplari. Senza sforzo né dolo, e con il solo Jagger a libro paga. Intuizione luciferina, sulla quale oggi, e purtroppo non è una battuta, si reggono le sorti del nostro pianeta, globalizzato e no.

Le ragioni di tale deriva dei social network, votati ora unicamente al marketing, andrebbero ricercate scavando nell’ontologia dei social, delle community e dello stesso Internet. Compito da intellettuali, se solo gli intellettuali di pregio ancora in vita non fossero troppo distanti o troppo irresponsabilmente coinvolti dalle meraviglie del Web, nonché collusi con le sue nefandezze. C’è poi chi si compiace di essere fuori tempo, alimentando inutile tecnofobia che va solo a vantaggio dei padroni. Poco tempo fa, disteso sulla sua amaca, attingendo un Long Island presumibilmente da uno chiccoso bicchiere a forma di Lenin con tanto di baffi, Michele Serra, ridestatosi dal torpore pomeridiano al grido de “la rivoluzione non dorme mai!”, tuonò dalle pagine di Repubblica: “Twitter mi fa schifo”. Seguirono appoggi  e contestazioni tecnofile da tutte le parti, alle quali Serra rispose con una lieve rettifica in cui motivava la tautologia di cui sopra avanzando da un fatto tecnico: i 140 caratteri di Twitter, secondo lui, sarebbero troppo pochi per esprimere decentemente pensieri complessi o addirittura compiuti. Ahinoi, non è nel numero di caratteri disponibili, il problema. Anzi, a dirla tutta, è proprio nella scarsità di spazio a disposizione che emerge il lato più oggettivamente intrigante di Twitter: il suo essere per molti versi una palestra di scrittura, dove condensare, smussare, asciugare al massimo, un aforisma o una battuta satirica; implementandone addirittura la portata comica, come nel caso di questo brillante twit di un noto e talentuoso blogger, QdG, che il 5 marzo 2012, dopo le primarie del centrosinistra a Palermo, scrive 75 caratteri di puro genio : “la sconfitta della Borsellino dimostra che Bersani indigna più del tritolo.

Il problema è altrove. Magari, per cominciare, nel nome e nel ruolo conferito agli iscritti dei due portali. Gli utenti Facebook si scambiano l’amicizia (si fa per dire); quelli di Twitter diventano followers, ovvero, letteralmente, seguaci di qualcun altro, che nove volte su dieci è un V.I.P. Impossibile non intravedere già in tali premesse una sottomissione del popolo di Twitter alla dittatura delle celebrità, dei loro silenzi, della loro spocchiosa indifferenza che, per le leggi immutabili dell’idiozia umana, li rendono ancor più desiderabili agli occhi della plebe. Di questa moltitudine Facebook e Twitter veicolano, seppur in forme vagamente differenti, le stesse, flebili manifestazioni: indignazioni, speranze, gusti cultural-musical-politici, aneliti malcelati alle più sfrenate e disinibite soddisfazioni sessuali; in una guerra planetaria a chi è più anticonformista e scandaloso, e quindi più conforme, innocuo e asservibile. Se tuttavia è vero, come è vero, che Twitter avanza inarrestabile verso il trono dei social network, ci sarà di che rimpiangere il dominio di Facebook, non-luogo che quantomeno si proponeva di allargare i cerchi relazionali abbracciando in una finta fratellanza individui sconosciuti sì, ma parigrado. Twitter, invece, sin dall’inizio si è imposto poggiando efficacia e consensi sulla più arcaica e schiavistica delle strutture piramidali, dove in cima, sui loro scranni celesti, stanno i V.I.P., quasi tutti tanto privi di talento quanto strapagati, mentre alla base milioni di followers adulano e carezzano, mai corrisposti, l’idolo di turno, sempre intento a trastullarsi in onanismi egoriferirti: Alessandro Baricco che scrive in spagnolo giacché l’italiano fa poco figo; Fabio Volo mugugnante la sua ansia prima del flop in tivù o in radio (dove ammonirà i followers scandendo “non rompetemi le palle”); Alfano e Casini prodighi di bacetti pre- e post-inciucio elettorale dai relativi profili-sputacchiera. Questa è la cifra di Twitter: il pettegolezzo, il voyeurismo, la fatuità suprema, estrema e insostenibile. Caratteristiche preoccupanti e decisamente da esecrare per aver tradito quell’ideale di socialità e coesione fra individui uguali che è, o dovrebbe essere, teoricamente sotteso ad ogni social network; un tradimento attuato ingigantendo fra gli utenti la già fallace percezione di un’intimità inesistente con gallinelle appollaiate su vertici irraggiungibili, e al contempo abbattendo ogni reale spiraglio possibile di dialogo, solidarietà e democrazia. Il problema ultimo è quindi la degenerazione di questo cortocircuito tremendo, che va immediatamente risolto. Ma come?

Ennio Flaiano, nella Filosofia del rifiuto contenuta nel suo Diario degli errori, ci risponderebbe che è preferibile dire No a tutto ciò che può ritorcersi contro di noi: anche a Twitter; per quanto lui stesso, forse, sarebbe stato un formidabile twitter-guru, non meno di Oscar Wilde o Gesualdo Bufalino. In ultima analisi bastererebbe, nei confronti di questi V.I.P. che a uno a uno molleranno Twitter, compiere un’ultimo balzo conformista e idolatrante da strenui seguaci dei loro cinguettii: emulare dapprima i Fiorello, e poi quelli che inevitabilmente seguiranno (come l’irrinunciabile Michelle Hunziker), nell’abbandono del social network più fascistoide mai concepito; nel ripiego sereno verso l’incasinato eremo quotidiano; nel ritorno esclusivo alla realtà vera, eccitante e crudele, mortale e salvifica, dove guardarsi finalmente negli occhi, tutti insieme su questa misera barca, mentre prendiamo acqua da tutte le parti. Per costruire la nostra zattera di pietra. Prima che sia troppo tardi.

18 commenti:

  1. Bell'articolo, guagliò. Ocio però: per costruire le zattere è meglio la legna :)
    Forse ti potrà interessare, in merito alla questione dello "sfruttamento intellettuale" da parte dei social network e non solo, questo articolone:

    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5241

    Saludos

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  2. Lo so, Beppe, era per citare Saramago ad minchiam. :) Ora lo leggo, grazie.

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  3. Uellà, mica me lo avevi segnalato. Gran pezzo. Più o meno quello che vorrei dire io come lo vorrei dire io.

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  4. Per puro diletto ho provato a seguire una diretta Twitter di Servizio Pubblico. Ora: voglio dire: giá Servizio Pubblico é quel che é: ma addirittura dover prendere atto della frustrazione apocalittica sottesa alle migliaia di commenti che piombavano ogni maledetto secondo, é stata un'autoflagellazione eccessiva.
    Tutti possono dire esprimere (quasi sempre male) la propria opinione.
    Tutti possono sbattersene dell'opinione degli altri.
    Dominano sempre gli stessi, e senza che sia possibile disarcionarli. Un fascismo senza sangue. E senza partigiani.

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  5. Un po' estremo in alcuni punti, ma molto condivisibile. Bel post!

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  6. eh be', c'è poco da aggiungere. articolo pertinente.

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  7. bellissimo articolo e nome del blog geniale.
    Felice che Selvaggia Lucarelli ti abbia citata così da averti scoperta!

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  8. Si i vip la spocchia tutto vero ma ci sono pure gli amici quelli con cui commenti l film le serie tv la possibilita
    di dare o ricvere solidarieta twitter con tutte le sue imperfezioni e' anche questo.

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  9. Si i vip la spocchia tutto vero ma ci sono pure gli amici quelli con cui commenti l film le serie tv la possibilita
    di dare o ricvere solidarieta twitter con tutte le sue imperfezioni e' anche questo.

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  10. Bel post. Scritto molto bene e sicuramente degno di attenzione ma bisogna fare attenzione a non cadere nella banalità della critica che caratterizza twitter stesso.

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  11. Pienamente condivisibile. Sul suo essere stato su Twitter Fiorello ci ha costruito un programma intero in TV, hasthag incluso. Finito il programma, che ha dirottato molti followers sulla TV e molti telespettatori su twitter, finito anche il Fiorello twitter show. Coincidenza? Non ci credo.
    Twitter, e in generale tutti gli (un)Social network però, con tutti e tantissimi limiti, sono diventati anche qualcosa che a quest'ora e con la lucidità alla deriva non saprei definire meglio di così: sei, mettiamo, tra amici, ma a me è capitato anche in un negozio di abbigliamento e a un amico persino al colloquio di lavoro e ti senti dire "Come, non sei su Twitter o su Facebook?" col punto interrogativo in fondo che equivale a un "ma quanto sei sfigato". Perchè essere amici o follower dei cosiddetti vips ci toglie quei due tre grammi di sfiga, ed essere "pubblici" o almeno tecnicamente pubblicati, altre 4 o 5 grammi ancora. Sono vetrine e noi la merce in mostra che compra la maglieta di Mick Jagger magari, ma spera un giorno di farsi anche comprare.
    Sul farsi amici"veri" non saprei; inizio a pensare che il vero amico non sia quello da avere accanto nel momento del bisogno, ma quello che ti puoi togliere di torno semplicemente non accendendo il computer.
    Oddio, ho sproloquiato sperando di stancarmi e riuscire finalmente ad addormentarmi. Avrò fatto addormentare voi e io ho sempre meno sonno di prima.

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  12. @stanottedormo: ci sono persone che non si iscrivono a Twitter o Facebook per snobismo; altre, poche, come me, che non sono iscritti in quanto non ne sentono il bisogno. Io capisco che ci si possa sentire meno soli, anche meno sfigati come dici tu, ma c'è questa illusione per cui urlando la propria indignazione sugli unsocial possano esservi delle ricadute nel mondo reale: ci sono, ma unicamente negative. Nessun esponente finanziario o istituzionale prenderà mai in considerazione ciò che la gente scrive, ma intanto la gente si sente libera di dire a tutti (quindi a nessuno) ciò che pensa: è il principio della dittatura docile.
    Inoltre vorrei capire sinceramente come si possa collegare le piattaforme sociali alla democrazia: i primi si fondano sull'ansia da protagonismo degli iscritti, la seconda si fonda sull'anti-protagonismo (al contrario del sistema capitalista). Già il romanzo di formazione inglese tentò di coniugare protagonismo e ordinarietà, partorendo cose immense come Grandi Speranze che univano al successo di massa una qualità insuperabile. Twitter ha lo stesso principio, ma finalizzato al marketing, e non all'analisi sociale.

    Chiudo con un invito: ma perché non utilizzate gli unsocial per boicottare il sistema? Utilizzate le opinioni che prendete in giro, sfruttate questa consapevolezza di avere dei compagni di sventure per armarvi ed essere contro: io ho gli stessi 5 vestiti da anni, compro poco, non acquisto giornali, prodotti, ideali conniventi. Per chi è dentro fino al collo alla dittatura del consumismo è dura, bisogna impegnarsi tanto ed è faticoso. E comprendo sia molto più facile insultare Melissa Satta perché posta le sue foto con Boateng il giorno del terremoto.

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  13. @donnaconfuso: finalmente qualcuno che apprezza il titolo, ti ringrazio per la sensibilità. :)

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  14. Sono arrivata a questo post attraverso il tweet di Selvaggia Lucarelli.
    Ecco... Era tempo che non leggevo qualcosa di così intelligente e sensato.

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  15. condivido quasi tutto, infatti, passato il primo momento di entusiasmo dato dall'idea di stalkerare in modo lecito legioni di vips, ho defollowato quasi tutte le star. il motivo in realtà è più pratico che politico: la maggior parte di loro è noiosa. sono davvero pochi i vip brillanti su twitter. compensano, invece, legioni di "sconosciuti" che con quei 140 caratteri sanno farmi ridere di cuore o darmi notizie interessanti. in questo, forse, sta quella che è per me l'autentica "democrazia" di twitter (sempre partendo dal presupposto, che, ragazzi, nel 90% dei casi siamo qui a cazzeggiare, e, se è vero che alcune rivoluzioni son nate online, mi pare che siamo ancora ben lontani da quel punto!).

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  16. Il punto è che Internet è sì un mezzo straordinario, ma sfruttarlo positivamente richiede un percorso e un passaggio dall'analogico puro che le generazioni precedenti hanno provato. Ecco perché loro sanno usare davvero internet (per sovrastarci tutti) e noi no (che stiamo sotto). Ora è già tutto estremamente compromesso. Forse irrimediabilmente.

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  17. Bel post, qual'è il tuo nick su Twitter che ti followo :)

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