giovedì 13 dicembre 2012

Democrazia


“Chi pensa che io non sia democratico prende, e va fuori dalle palle.”

Fantastico. Assolutamente fantastico. La mossa più geniale di Grillo da prima della traversata sicula.
Sì perché negli ultimi due giorni è tutto un “aah, che autogol”, “uuuh, dittatore!” – giusto, ma bisognerebbe chiedersi fino a che punto il masochismo popolare possa indurre a perseverare nell’accettazione di un concetto, come quello di Democrazia, saccheggiato e totalmente svuotato da coloro i quali da decenni si propongono come garanti della stessa. Un genio del Novecento scrisse che la differenza tra democrazia e dittatura è che in democrazia prima si vota, e poi si prendono gli ordini; in dittatura non occorre neanche sprecare tempo andando a votare. Personalmente sono sempre stato dello stesso avviso.
Non c'è stato nessun errore. Anzi.
Il video è fenomenale, pensato apposta per essere inserito addirittura in un servizio di qualsiasi tg nazionale (invano, tanto ognuno lascia solo ciò che fa più comodo, come nel caso della Gruber).
Si noti il climax ascendente: prima l’autoelogio, dal voto libero alle tante donne; poi l’ammissione del flop con annesso attacco alla finta democraticità dell’elezione dei parlamentari; poi, la cesura, con la frase storica; infine, la dichiarazione di guerra. Chapeau. Tu chiamalo, se vuoi, Lenin 2.0.
Perché dico Chapeau.
A due mesi dalle elezioni più fuffa della Storia della democrazia rappresentativa globale, il Movimento 5 stelle era a un bivio. Il consenso leggermente in calo; i dissidenti illustri che fioccavano come funghi a redigere puntuale martirologio di se stessi (finiamola, su: erano a fine mandato e, per le regole che coscientemente avevano accettato quando pensavano che il Movimento non potesse sfondare il 5% nazionale, sapevano di non poter incollarsi a una nuova poltroncina, stavolta più mediaticamente ed economicamente appagante, in Parlamento: fine della storia);il ritorno di Berlusconi e la permanenza alla leadership del Pd di Bersani a costituire la più ghiotta delle occasioni: occorreva radicalizzare lo scontro: rischiare il declino, se non addirittura l’implosione – un rischio che valeva la pena di essere corso, poiché con la moderazione in Italia non si vince mai – oppure sfondare il muro del 22, 24 per cento, accaparrandosi ulteriori voti da parte di quei tanti italiani che altro non aspettano se non di essere sedotti da un nuovo maschio alfa sedicente abile a cacciarli fuori dalla merda.
I sondaggi SWG – i più attendibili – dimostrano la già avvenuta risalita nei consensi: c’è da vedere se nei prossimi giorni sfocierà nel volo, o si permuterà in una stasi che non prometterebbe nulla di entusiasmante in vista dei seggi.
Nel primo caso, Grillo e Casaleggio potranno assaltare la Bastiglia.
Non saranno bei giorni, ma saranno giorni nuovi, forse terribili, violenti e incendiari, dalle cui ceneri potrà rinascere, forse, qualcosa.
Nel secondo caso, ci ritroveremo ad annaspare ancora per cinquant’anni con le solite vecchie facce da culo. Ma democratiche.

2 commenti:

  1. Demagogiche.

    Senza distorsioni ironiche.
    Da parte mia, si capisce.

    La democrazia si ferma più o meno alla polis.
    Che se la tengano i francesi, la bastiglietta ed i suoi simbolismi. Ci hanno dato ben altro, ça va sans dire.
    L'italietta del consumismo e delle sue successive involuzioni non ha mai voluto né meritato il governo che (ma chi, poi?) disperatemente si auspica, tra facili residui ideologici e rovinosi pragmatismi di ispirazione anglosassone-europeista. Pragmatismi già fallimentari oltralpe, tra l'altro.
    Si annaspa, ancora una volta, tra le feci del populismo e del popolino più arrogante ed ignorante.
    Si annaspa, ancora una volta, in noi stessi.
    Ma quali?


    Mi scuso per la prosa sgrammaticata, poco consona ed esteticamente incongrua. E per aver anch'io sguazzato un po' nel volgare luogo comune.



    Un lettore occasionale.

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  2. La Bastiglia è solo il simbolo di una rivoluzione. Atto non intrinsecamente valido in quanto effimero per definizione ma, credo, salvifico in previsione di quanto potrebbe avvenire dopo. Il M5S potrebbe svolgere il ruolo di definitiva distruzione - stavolta pragmatica - del Paese, che di conseguenza sarebbe, dopo, costretto a rialzarsi. Soffriremmo parecchio, ma per poco.
    Così, la sofferenza sarà eterna.

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