lunedì 26 dicembre 2011

L'accalappiacagne

C'ero vicino. Molto vicino. C'è invece arrivato prima un amico, il Monti detto "Monti", sontuoso e consumato cazzeggiatore dai tempi della 3a C.
Una mente fertile, e qui vi risparmio la battuta, peraltro assai greve, che già avete inteso.
Una mente che, se risiedesse nel cranio canuto dell'omonimo plurilaureato barone deciso a seppellire definitivamente l'Italia, sarebbero sempre cazzi, ma giammai amari, bensì gaudenti, per tutti.

Fui sospinto, due sere or sono, da vili sanguisughe femministe, ad un contro-ritratto riparatorio sul maschio italico. L'idea, devo dire, mi garbava parecchio, non fosse stata in crassa antitesi rispetto ai miei ideali sessisti, razzisti e antidemocratici. Ho però desistito, giacché è pur sempre Natale, e a Natale puoi fare quello che non puoi fare mai. Lo prendo quindi quale ottimistico slogan per l'anno che verrà, immagino intriso sempre più inaccettabilmente di maschilismo truce, disdicevole, da turpe postribolo televisivo (a proposito: mi manchi, Silvio, non posso attendere la tua vittoria del 2013: torna). Lo prendo, dicevo, come augurio, e passo a fornirvi un comodo decalogo sulla vittima delle cagne maledette, genialmente denominato dal Monti "L'accalappiacagne".

  1. Vestiario: l'accalappiacagne appare solitamente avvolto di montiana sobrietà. Jeans, al massimo pantalone beige o panna, polo Fred Perry poiché le Ralph Lauren costano troppo (si consideri che, nella maggioranza dei casi, l'accalappiacagne è un mantenuto non indifferente al valore dei liquidi genitoriali, da spendere con giudizio). La scarpa solitamente è un'imitazione della Clark o una qualsiasi calzatura inadatta a ottenere sguardi di disapprovazione, in piena inosservanza della massima di plurisecolare valenza: Bene o male, purché se ne parli. L'accalappiacagne, un bravo ragazzo inadatto a far male a una mosca, si offre alla cagna aguzzina in modo spudorato. Innocuo, come le polo e le scarpe che indossa. Contrario alla barbarica violenza grondante dalle scarpacce slacciate, nelle fibbie esibite sopra la caviglia sbrindellata di jeans Dolce & Gabbana, nel colletto della polo alzato a esibire a mo' di striscione il proprio aforisma preferito: "Sweet years". Tuttavia l'accalappiacagne, pur ostentando indifferenza, scopa di rado e schifa la volgarità delle vesti degli scopatori, giungendo talvolta a consigliare cambi di look ai 15enni copulatori come conigli. Un po' come se Giuliano Ferrara desse consigli su come tenersi in forma.
  2. Cultura e istruzione: l'accalappiacagne proviene spesso, per non dire sempre, dal liceo. Talvolta dall'Iti. Rifugge il lavoro e l'indipendenza come la lebbra e il tifo. Ha sempre studiato almeno un pochino, non tanto per decenza quanto per la paura di presentarsi a casa con un brutto voto sul libretto, e, prima di iscriversi a caso all'Università più vicina, si è diplomato con un minimo di 80/100 mentre quelli più sgaii facevano di tutto per prendere sessanta, ché almeno la nonna sarebbe rimasta contenta. L'accalappiacagne suole essere settorialmente dotto, figurando immancabilmente tra gli abbonati a questa o quella rivista. Quattroruote va per la maggiore, signoreggiando e soverchiando, assurgendo a paradigma di virtute e conoscenza. Epici alcuni scontri tra accalappiacagne, intenti in un face to face all'ultimo sangue sui dati al millimetro della circonferenza esatta dei cerchioni della Clio '96.
  3. Sport: gli accalappiacagne non sanno cosa sia, lo sport. Nella vita hanno provato di tutto, dal calcio al fresbee, dal nuoto alle bocce, dallo sci all'orienteering (eh?). Ma nulla li ha appassionati. Non giocano a pallone dall'86, evitano il calcio da quando l'Italia ha vinto la Coppa del Mondo, amano mischiarsi alla plebe al mero fine di osservarli col naso all'insù. In questo senso praticano sadici hobbies, come la visione in loop delle orrende esultanze di quel coglione di Tiziano Crudeli, puntualmente reo di essere l'unico nell'Universo a rendere possibile una serena accettazione dell'ottima salute di Elio Corno.
  4. Musica: l'accalappiacagne ha spesso una mentalità aperta, che gli consente di spaziare su più generi di musica, dai Pantera agli ultimi Greenday, dagli Opeth a Guccini, dalle Canzoni del Bosco dei Cento Acri a Burzum. L'accalappiacagne atipico solitamente viene dall'Iti, naturalmente fa ingegneria, e per maggiormente concentrarsi sugli studi si limita a vivisezionare financo l'intera produzione death-metal del Burundi, avanzando tesi granitiche e coerenti quali "De André è noioso".                                  Diremo di più: l'accalappiacagne ha spesso preso coscienza di cosa sia uno strumento musicale in tenera età. Sa cos'è un flauto, una chitarra, persino un clavicembalo. Addirittura, in molti casi, sa suonare. Aveva imparato anni fa, convinto che l'amore della sua vita gliel'avrebbe data davanti a un fuoco acceso sulla spiaggia, esibendosi in sontuose fellatio al ritmo di "Più bella cosa" di Ramazzotti appositamente imparata, con vivo disgusto, un paio d'ore prima.
  5. Aspetto fisico: l'accalappiacagne raramente è un belloccio. Spesso è bruttarello, porta gli occhiali da quando ha dieci anni, è magrolino e smunto. Iscritto in palestra da otto anni, ne è assiduo frequentatore ma non ha messo su un grammo di muscoli, intento com'era a sbavare sui culi delle cagne provate dallo spinning. Continua ad andarci, nella speranza che una cagna qualsiasi lo noti e sevizi a dovere.
  6. Orientamenti: l'accalappiacagne è, ovviamente, di sinistra. Di conseguenza, ragionando (?) egli per compartimenti stagni, è anche mammone e femminista. Come in quella canzone di Vecchioni (che l'accalappiacagne non ascolta solo poiché ne ignora l'esistenza), anela a masturbarsi sotto la gonna (metaforica) delle cagne di turno, forse invidiandone il segreto di far nascere, onde struggersi e distruggersi. Quando un accalappiacagne vede una femmina, il suo primo pensiero è: "Dio, come vorrei farmela (amica)". E quand'anche l'accalappiacagne scruti un essere femmineo degno di considerazione appena appena percorsa da una nota di erotismo, non si cura mai di nulla che attenga all'estetica femminile. Si trova a suo agio con donne bruttine, sciatte e scassapalle, preferibilmente in pianelle fucsia con strass e fiocco, le quali accanto ad esso divengono, magicamente (si noti il ribaltamento della celeberrima fiaba in salsa femminista) da cozze a principesse. In tal senso, il leit-motiv preferito dell'accalappiacagne, volto a giustificare il proprio asservimento al più flebile latrato, è: "Per me è la ragazza più bella, dolce e simpatica del mondo".
  7. Linguaggio: Anche qui, la parola d'ordine non è Spi-ri-tooo, ma Sobrietà (sempre quella, cara a Nongenio Scalfari). L'accalappiacagne aborre l'osceno, scrive e e si esprime in italiano corretto. D'accordo, a volte naviga nella diglossia mischiando fiorentino dantesco e dialetto bisiaco, ma quantomeno conosce l'uso corretto dei congiuntivi, l'accento acuto di perché, grida all'apostrofo mentre dilaga l'accento su Po'. Non transige su nulla, anche se Eh, va be', negli sms va bene scrivere Cmq anziché Comunque, non occorre essere così estremisti! Giusto per ribadire la coerenza, cristallina, che sottende alla sua esistenza.
  8. Facebook: In fatto di amici, l'accalappiacagne si contiene. Chi ne ha 90, chi 200, taluni 400. Solo maschi mai visti dall'asilo nido, o donne fighe e, in quanto tali, ovviamente ignote. L'accalappiacagne permane un moderato, a metà tra la tecnofobia interessata e il più bieco progressismo. Contrario alla violenza, adotta i tag in vece delle molotov. In bacheca scambia commenti indignati con altri accalappiacagne, sommergendola di links del Fatto Quotidiano, Repubblica o altri giornaletti per eversivi: di cui legge i pezzi il giorno dopo, sui blog, senza sganciare mai un euro, perché Internet è un mezzo meraviglioso e chi se ne fotte se i giornali per non morire debbono schiavizzare migliaia di collaboratori. Un sacrificio che l'accalappiacagne è pronto a fare. Tanto lui compra solo Internazionale.
  9. Erasmus: L'accalappiacagne ama l'Erasmus, l'idea stessa dell'andare via; di doversela, novello Cristopher McCandless, cavare da solo con una misera carta di credito; di dover infine studiare e sostenere esami in altre lingue. Qui sta il punto nodale, si badi bene: l'accalappiacagne, contrariamente all'essere umano normodotato, non pensa mai all'Erasmus quale esperienza finalmente emancipatoria dal crudele bigottismo quotidiano alla base della sua carenza di passera: pensa innanzitutto alle grandi opportunità culturali che gli si prospettano. Il confronto con altri modi di pensare, altri metodi di studio, altri sistemi operativi. E poi, volete mettere la bellezza di incontrare donne sconosciute, provenienti da tutto il mondo, ed ottenere da loro una splendida e immortale amicizia?
  10. Carattere e conclusioni: In definitiva, l'accalappiacagne italico è, nel DNA, un perdente nato. Una persona spesso a modo, buona, votata al dialogo, generosa, col pensiero perennemente rivolto a Kierkegaard. Una persona che non giudica dalle apparenze, e anzi concede sempre una chance a tutti, financo a un prete filonazista e pedofilo, o a un team di baroni nominati dai banchieri e spacciati per messianici dittatori di quest'italietta. E' una persona priva di pregiudizi, e ritiene che tutto, a questo mondo, abbia una sua utilità: dallo yoga alla politologia, dai moon-boot alla laurea, dall'Ipod a l'Ipad. Incapace di criticare, di discernere bene e male, odia persino il termine Cagna, che ritene fortemente irrispettoso nei confronti delle sue amiche donne. Appena si mette, per miracolo, con una donna, è già cornificato.Inoppugnabilmente e senza speranza privo di autoironia, arrivato in fondo a questo serissimo post deciderà, ferreo, di postarlo sulla bacheca sua e delle sue fide cagne maledette. Scatenando l'unica rivolta possibile: quella del canile.

6 commenti:

  1. Egregio collega, sono fermamente convinto che il suo ritratto di "Accalappiacagne" sia quantopiù descrittivo dell'attuale situazione italiana, mi permetto tuttavia di suggerirle un'unica puntualizzazione che a mio vedere renderà leggermente più astratta ma al contempo profondamente completa la figura del suo "maschio".
    Dunque, le porrò il mio dubbio sul vestiario: un accalappiacagne che si rispetti non dovrebbe indossare Trussardi, quale migliore logo per rappresentare l'ambizione di questi giovani maschi?

    Vorrei inoltre esprimerle il mio apprezzamento per la sua ricercatezza lessicale: affermazioni quali "vili sanguisughe femministe", o ancora "donne bruttine, sciatte e scassapalle, preferibilmente in pianelle fucsia con strass e fiocco" hanno contribuito a rendere la mia giornata completa (al resto penserà Federica).

    Colgo dunque l'occasione per porle altresì i miei migliori auguri per un anno di soddisfazioni e di ispirazione, aspetterò ardentemente di leggere altre righe scritte da lei che, infondo, è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice.

    H.H.

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Egregio H.H., intanto grazie per l'attenzione.

    Tuttavia non capisco il tono del Suo post, a partire dal Collega. All'inizio pensavo a un certo tipo di tono che, qualora frainteso, avrebbe reso il commento (poi cancellato) ingiusto nei Suoi confronti.

    Se parla seriamente, mi limito a ricambiare i saluti e gli auguri. Altrimenti si spieghi, sia didascalico. Cordialitá.

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  4. Gentile Marco Poltiglia, mi scuso vivamente se ritiene che l'abbia offesa con il mio precedente commento. Mi affretto a specificare che i miei toni sono seri ed il mio apprezzamento sincero. Mi sono permesso di definirLa mio collega in quanto "blogger", non pensavo di insultarLa in alcun modo, mi creda. Ad ogni modo non posso fare a meno di restare sorpreso dalla Sua autocensura e non Le nascondo che l'impossibilità di avvicinarmi al Suo pensiero mi provoca una certa curiosità.
    Come immagino sappia, le persone sagge sono rare, ma quando le vedi le riconosci, soprattutto perché provi un senso di benessere quando ti ci confronti, ed è ciò che mi auguro di fare con Lei continuando a seguire i Suoi post. Ammesso che ciò non Le rechi disturbo.
    Cordialmente

    H.H.

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  5. Vestiario: l'accalappiacagne appare solitamente avvolto di montiana sobrietà. Jeans, al massimo pantalone beige o panna, polo Fred Perry poiché le Ralph Lauren costano troppo (si consideri che, nella maggioranza dei casi, l'accalappiacagne è un mantenuto non indifferente al valore dei liquidi genitoriali, da spendere con giudizio)

    Polo vinaccia come quella da Lei esibita in più occasioni?

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  6. H.H. mi perdoni, davvero. Ho letto il Suo commento di sfuggita, e mi pareva davvero mi stesse prendendo in giro. Ma è stata colpa mia, infatti poi rileggendo mi accorsi della cappellata.
    Il commento cancellato non conteneva offese, ma era, per l'appunto, semanticamente scorretto rispetto al pensiero da Lei espresso.

    Le chiedo ancora scusa, spero di ritrovarla presto.

    P.S. Mi mandi pure il suo link, che faccio un salto. :)


    @Anonimo: la polo vinaccia, come quasi tutte le 8-9 polo che ho da anni (sempre le stesse, sbiadite, stese sui fari della luce), è un regalo. Se posso, faccio altre scelte. La ringrazio comunque per il commento. Così malcelatamente piccato. Bellissimo. Mi saluti il Mocio. ;)

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